Ci siamo svegliati e siamo tutti connessi

Ci siamo svegliati e siamo tutti connessi

Ghost In The Shell, Paramount Pictures and DreamWorks Pictures (2017)

Premessa

Questo articolo lo avevo scritto per il blog finex.org nell’ormai lontano 2014. Poi, per vari motivi, lo avevo lasciato senza una conclusione e quindi è rimasto nel cassetto fino ad oggi. Anche se è trascorso un po’ di tempo ho trovato diversi spunti di riflessione che sono ancora validi e quindi ho pensato bene di concludere il pezzo tenendo in considerazione gli avvenimenti degli ultimi anni. Buona lettura.

Mobile e Social

Il 2014 (o twenty fourteen come piace dire agli anglofoni) sembra cominciare confermando il trend che si è affermato negli ultimi due/tre anni: mobile e social.

L’impatto delle nuove tecnologie sulla vita di tutti i giorni è molto più diffuso di quanto potesse sembrare fino a poco tempo fa.

L’interconnessione con il web, prevista e sognata da moltissimi, è diventata realtà in maniera praticamente naturale, senza quasi che ce ne accorgessimo. Le nostre identità virtuali diventano all’improvviso reali: le identità digitali sono in grado di influenzare la nostra vita, sia quella digitale che quella analogica.

Un profilo su Facebook o su Twitter, magari creato quasi per gioco negli anni scorsi, si trasforma in uno strumento per creare delle interconnessioni che possono trasformarsi in opportunità di lavoro, di svago, di socializzazione.

La realtà è virtuale

Tornando indietro nel tempo troviamo film, libri e racconti futuristici che descrivono una realtà dove il confine tra il digitale e l’analogico non esiste più, vedi il non più così recente Matrix, oppure storie appartenenti al filone cyberpunk dove la mente umana è connessa direttamente con la rete, a questo proposito ricordo l’anime Ghost in The Shell e la trilogia dello Sprawl di William Gibson.

Non siamo ancora arrivati a questi livelli fantascientifici, però sotto molti aspetti possiamo trovare delle analogie: la velocità delle comunicazioni, le informazioni di qualunque genere disponibili sul web, la condivisione delle informazioni in tempo reale.

Ed il virtuale è reale!

Oggi la rete è veramente a portata di mano: le connessioni mobili hanno costi accessibili per un numero molto elevato di persone e la realtà aumentata è alle porte con molte aziende che sperimentano occhiali intelligenti sullo stile dei Google Glass ed altri dispositivi.

Ecco quindi la nascita del wereable computing, un termine che va molto di moda e che indica tutti i nuovi accessori tecnologicamente avanzati che monitorizzano la nostra vita e sono perennemente collegati alla rete. Anche qui abbiamo oggetti che sono poco più di prototipi, ma probabilmente è solo questione di tempo per la loro diffusione di massa.

Il quadro sembrerebbe abbastanza chiaro, o perlomeno riusciamo a percepire l’ennesimo cambiamento significativo delle nostre abitudini e della società “moderna”.

Con questo non voglio però addentrarmi in analisi socio-filosofiche su come tutto ciò possa influire in maniera positiva o negativa nelle nostre vite, nella società, nel mondo e nell’universo, ma mi illudo di concedermi un rapido punto della situazione per non essere sopraffatto da questa evoluzione in maniera totalmente inconsapevole.

Molti volti per un singolo individuo

Proprio oggi ho fatto un riepilogo dei miei profili digitali. Dal classico ed immancabile profilo su Facebook al più recente profilo su Google+, il profilo più orientato ai contatti di lavoro su LinkedIn e quello più trendy su About.me. Sono tutte vetrine che ho con la rete, sono tutte connessioni tra me, la rete, i suoi abitanti, ed il mondo reale.

Il valore delle identità virtuali

Ecco quindi uno dei fulcri dell’intera questione: che valore hanno le identità virtuali nella nostra vita? Questi profili “social” quanto pesano e quanto influiscono nel comportamento e nelle nostre scelte? E, di conseguenza, i nostri profili come influenzano le altre persone?

Per fare un po’ di chiarezza vorrei partire da un’altra domanda: «Come reagiscono le persone a questa molteplicità di canali di comunicazione ed interazione?»

La risposta più ovvia è «Dipende.», dipende dal grado di interazione con la rete, dalla tipologia di utilizzo, da quanto si reputano più o meno affidabili i vari canali ecc.

Chiaramente anche il peso di queste identità virtuali è sicuramente soggettivo. Ogni persona avrà un rapporto diverso con il mondo virtuale. Però ci sono alcuni dettagli del web che possono avere delle ripercussioni sulla nostra vita indipendentemente dalla nostra volontà.

Mi riferisco in particolare alla presenza di informazioni che ci riguardano. Due esempi? Il nostro conto corrente è accessibile via web e foto che ci ritraggono possono possono essere pubblicate nei social network senza che lo sappiamo.

Paradossalmente ho come l’impressione che le persone che usano la rete in maniera intensiva soprattutto per scopi di svago, siano quelle più influenzate ed inflenzabili. Purtroppo non ho il supporto di dati certi e scientificamente affidabili, ma mi piacerebbe trovare delle fonti per confermare o confutare questa mia ipotesi.

Quindi torniamo al problema iniziale ed estendiamolo leggermente: «Siamo in grado di valutare il valore ed i rischi della nostra presenza in rete?».

N.B: con questo interrogativo avevo interrotto la scrittura del pezzo. Oggi, a distanza di sei anni, provo a concludere il ragionamento, anche sulla base dei recenti avvenimenti legati alla privacy ed alla sicurezza informatica come il caso Cambridge Analytica, le numerose frodi informatiche e le recenti discussioni sul contact tracing.

Una conclusione che è solo un inizio

Internet, anche se si è evoluto in maniera enorme in pochi decenni, è ancora molto giovane, soprattutto se consideriamo il livello di alfabetizzazione informatica delle persone che ne sfruttano i servizi.

In pochi anni si è passati dalle BBS, usate da pochi esperti, a fenomeni di massa come Instagram e TicTok, usati ed abusati da milioni di ragazzini.

Di fatto non esistono regole e le leggi create dai vari governi sono solo piccoli tentativi di tamponare con ottiche obsolete le sfide che nascono ogni giorno.

È evidente che servirà ancora molto tempo prima che ci sia una reale consapevolezza delle potenzialità ed allo stesso tempo dei rischi che una interconnessione così densa porta. Come per ogni strumento anche in questo caso non è la tecnologia che è pericolosa, ma se viene usata con leggerezza o, addirittura, senza un livello minimo di preparazione, è ovvio che possono nascere problemi di ogni genere.

Fake news, disinformazione, intrusione nei sistemi informatici per scopi criminali, pilotaggio di elezioni, sono solo alcune delle tematiche che dovranno essere affrontate seriamente non solo dalla classe politica ma anche dai cittadini, previo ovviamente un innalzamento del livello culturale e dalla capacità critica degli stessi.

Si tratta di argomenti che erano già ben chiari quando avevo cominciato a scrivere questo pezzo. Purtroppo la situazione in sei anni è degenerata a vista d’occhio e poco o nulla è cambiato. Temo che servirà ancora molto tempo (o magari una grossa scossa a livello collettivo) prima di avere una reale svolta ed una evoluzione della situazione.

Come informatico posso formare le persone con cui entro in contatto, posso fornire qualche strumento. Ma sono le persone stesse che devono cominciare a vedere l’informatica ed il web non più come un giochino ma come qualcosa che è parte integrante della propria esistenza.

Leonardo Finetti

Leonardo Finetti
Si occupa di informatica dalla metà degli anni novanta principalmente in ambito web con tecnologie Open Source. Esperto di Drupal e di SEO offre consulenze in tali ambiti e nel tempo libero si diletta scrivendo articoli di informatica ed anche di design, ergonomia, usabilità e sicurezza.

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